LE SPESE CONDOMINIALI
In condominio ci si deve occupare di gestire le parti comuni. Ecco, quindi, che il legislatore con l’art.1123 c.c. al primo comma prevede che ciascun condomino contribuisca, in misura proporzionale al valore della sua proprietà, alle spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell’edificio e per la prestazione dei servizi nell’interesse comune.
La legge, d’altro canto è estremamente chiara nell’affermare che non è ammessa la rinuncia da parte del singolo condomino alle cose comuni e che il diritto di ciascun condomino sulle parti comuni è proporzionale al valore immobiliare che gli appartiene (art.1118 c.c.).
Ai fini della ripartizione delle spese soccorre l’art.68 delle disposizioni di attuazione del codice civile, precisando che il valore proporzionale di ciascuna unità immobiliare è espresso in millesimi in una apposita tabella allegata al regolamento di condominio.
Per comune esperienza si è soliti dividere le spese in ordinarie e straordinarie.
Le spese per la conservazione ed il godimento delle parti comuni sono considerate spese ordinarie.
In particolare, le spese di conservazione sono quelle destinate alla manutenzione dell’edificio condominiale nei suoi elementi strutturali, come il tetto, i muri e la facciata. Queste sono inscindibilmente collegate alla proprietà del bene, di conseguenza, la misura della relativa spesa resta sempre commisurata alla proporzione espressa dalla quota millesimale.
Anche le spese necessarie al godimento o all’uso della cosa comune devono essere corrisposte in base al medesimo criterio. Queste spese scaturiscono, invece, dall’utilizzo dei beni comuni, cioè da un fatto soggettivo, personale e mutevole, perciò il contributo, pur corrisposto dal singolo condomino in ragione della propria quota, è adeguato al suo godimento.
Tra le spese “straordinarie” si annoverano, invece, le cosiddette spese di proprietà, quelle inerenti l’installazione di un bene, quelle necessarie per la manutenzione straordinaria degli impianti, ovvero tutte quelle spese atte a conservare nel tempo, a ricostruire od innovare la struttura del bene o dell’impianto.
Quindi, salvo diversa convenzione, le spese sono sostenute da tutti i condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, cioè in proporzione ai cosiddetti “millesimi di proprietà”.
Il predetto criterio generale è tuttavia mitigato dal secondo comma dell’art.1123 c.c., nel caso in cui vi sia una oggettiva diversa utilizzazione della cosa comune. Esso, infatti, dispone che se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione all’uso che ciascuno può farne. Si pensi, ad esempio, all’ascensore: è indubbio che il proprietario dell’appartamento ubicato all’ultimo piano userà oggettivamente più volte l’ascensore rispetto al proprietario sito al primo piano.
Il terzo comma del medesimo articolo prevede, infine, che se le parti, i servizi e gli impianti sono destinati a servire solo una parte del fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione saranno a carico del gruppo dei condomini che ne trae utilità (c.d. condominio parziale).
L’ORGANO DELIBERATIVO CONDOMINIALE: L’ASSEMBLEA
L’assemblea del condominio è l’organo di autogoverno dei condomini ove viene rappresentata la volontà comune e collegiale di questi ultimi a differenza della volontà distinta ed autonoma dei singoli partecipanti.
Serve a disciplinare l’uso dei servizi e delle cose comuni e si esprime mediante deliberazioni che vengono riportate in appositi verbali da trascrivere, secondo quanto previsto dal novellato art.1136, ultimo comma c.c. nel registro dei verbali delle assemblee menzionato dall’art.1130, primo comma, n.7 c.c. la cui cura è assunta a rango di specifico obbligo in capo all’amministratore sanzionabile, in caso di sua inosservanza, con la revoca.
Non tutte le espressioni collettive hanno contenuto decisorio. Le delibere assunte in sede assembleare, infatti, possono sia rappresentare la volontà decisionale collettiva che essere pure e semplici espressioni valutative o di giudizio. Solo le prime potranno essere, quindi, oggetto di impugnativa ex art.1137 c.c., mentre le seconde, sia pure pedissequamente riportate a verbale, non assurgono al rango di deliberazioni che vincolano il condominio verso l’esterno e, conseguentemente, non possono essere sottoposte al vaglio dell’autorità giudiziaria per carenza di interesse ad impugnare ex art.100 c.p.c.
L’assemblea viene preceduta dalla sua convocazione che deve essere comunicata ai condomini almeno 5 giorni prima della data fissata per la prima adunanza, a mezzo di posta raccomandata, posta elettronica certificata, fax o tramite consegna a mano.
L’assemblea condominiale deve essere convocata annualmente dall’amministratore, in via ordinaria, per le deliberazioni indicate nell’art. 1135 c.c. (novellato art. 66, 1° comma, disp.att.c.c.).
L’art. 1136 c.c., anch’esso novellato dalla legge di riforma, al 1° comma disciplina l’intervento in assemblea dei “condomini”. In linea generale, viene definito “condomino” chi è titolare del diritto di proprietà di un piano i porzione di piano dell’edificio. Sicché, ad esempio, è escluso che possa rivestire la qualità di condomino colui che abbia stipulato solo il contratto preliminare di compravendita.
Inoltre, il diritto di voto del conduttore – ex art. 10 L. n. 392/1978 – è limitato alle ipotesi in cui debba deliberarsi sulle spese ordinarie e sulle modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e di condizionamento d’aria e l’usufruttuario eserciterà il diritto di voto negli affari che attengono all’ordinaria amministrazione ed al semplice godimento delle cose e dei servizi comuni.
Ogni condomino può intervenire all’assemblea anche a mezzo di rappresentante, munito di delega scritta. Se i condomini sono più di venti, il delegato non può rappresentare più di 1/5 dei condomini e del valore proporzionale.
Ai fini della costituzione dell’assemblea e della validità delle deliberazioni, l’art. 1136 c.c., prevede un duplice quorum: (i) quello c.d. costitutivo, ossia indicativo del numero dei condomini che devono presenziare alla riunione, e (ii) quello c.d. deliberativo, ossia espressione del numero minimo dei presenti che devono concorrere a formare la volontà dell’organo condominiale.
IL RUOLO DELL’AMMINISTRATORE
Quando l’assemblea condominiale delibera la nomina del suo amministratore, tra il condominio e l’amministratore stesso si instaura un rapporto contrattuale che, come espressamente statuito dal novellato articolo 1129, comma 15, codice civile viene inquadrato nella fattispecie normativa del mandato.
L’amministratore è obbligato a far transitare le somme riscosse su uno specifico conto postale o bancario intestato al condominio ed a riscuotere le spese entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio in cui il credito è compreso, pena la sua revoca (art.1129, ottavo e decimo comma, c.c.)
L’amministratore è tenuto a comunicare ai creditori i dati dei condomini morosi. I creditori, infatti, non possono agire nei confronti dei condomini in regola con il pagamento delle spese se non dopo aver escusso i condomini morosi. In caso, poi, di mora nel pagamento delle spese che si protrae per sei mesi, l’amministratore può sospendere il condomino moroso dalla fruizione di quei servizi comuni che sono oggetto di godimento separato (art. 63 disposizioni di attuazione c.c.).
Tuttavia, le incombenze a carico dell’amministratore, oltre ad essere indicate nel codice civile, sono previste anche in numerose leggi speciali, come ad esempio: in materia di certificazione energetica, di bonifica dall’amianto, di prevenzione incendi e manutenzione degli impianti, etc…
L’inosservanza dei doveri posti a carico dell’amministratore di condominio è causa di conseguenze negative, in quanto il non corretto, ovvero l’omesso svolgimento delle sue funzioni può: 1) far sorgere in capo all’amministratore una responsabilità civile di natura risarcitoria, qualora provochi dei danni al condominio o a terzi; 2) far sorgere una responsabilità penale, se nell’ambito delle sue funzioni egli commette dei reati; 3) comportare, comunque, la revoca dell’incarico.
QUESITO: L’impresa che fornisce il servizio di pulizia delle scale nel condominio in cui abito vorrebbe sapere i nomi dei condomini rimasti in arretrato con il pagamento delle quote condominiali, per procedere eventualmente per le vie legali. Ha diritto di farlo?
RISPOSTA: Si. La Legge di riforma del condominio ha novellato l’art. 63 disp.att.cod.civ., integrando il 1° comma e precisando che “l’amministratore.. è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi”. Il nuovo 2° comma, invece, prevede che “i creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l’escussione degli altri condomini”.
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