ODORI, RUMORI E FUMI: LA CASSAZIONE AIUTA I CONDOMINI

I rumori, come il volume alto degli apparecchi radio-televisivi o i vicini che fanno lezione di pianoforte o di chitarra, gli odori ed i fumi provenienti dal ristorante sotto casa sono la causa di maggior contrasto tra i condomini.

Secondo l’articolo 844 del codice civile, il proprietario non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal vicino, se non superano la normale tollerabilità, avendo anche riguardo alla condizione dei luoghi.

Questo criterio non è assoluto e, infatti, l’indagine andrà effettuata considerando, da un lato la sensibilità dell’uomo medio e dall’altro la situazione del luogo in cui si verificano le immissioni, perché il rumore di fondo è importante per capire quanto il rumore lamentato sia tollerabile.

Il condomino di norma chiede prima aiuto all’amministratore che però non ha molti strumenti per poter intervenire a far cessare il rumore o le esalazioni di fumo, se non inviando una lettera di richiamo al condomino che sta creando nocumento.

L’amministratore può senza dubbio essere più incisivo se il regolamento prevede espressamente delle sanzioni in caso di simili violazioni.

Ecco, quindi, che il condomino si trova costretto a rivolgersi al giudice del luogo in cui si trova l’immobile per chiedere di proibire al vicino la prosecuzione della sua attività e, se ve ne sono i presupposti, anche il risarcimento del danno, sia patrimoniale che biologico e morale.

Spesso, prima o contemporaneamente all’azione ordinaria, al giudice viene chiesto, ai sensi dell’articolo 700 del codice di procedura civile, un provvedimento d’urgenza per far cessare immediatamente le molestie a tutela del diritto alla salute.

Il giudice valuterà il caso in questione spesso con l’ausilio di un consulente tecnico che in una apposita relazione dichiarerà se il rumore supera la normale tollerabilità. Sentirà anche le persone chiamate a testimoniare per capire la gravità del disturbo.

Il giudice nell’applicare l’articolo 844 del codice civile deve contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà nel caso di immissioni accertate nel limite della normale tollerabilità. Solo in questo caso la legge consente di imporre al proprietario l’obbligo di sopportare le immissioni, ove ciò sia funzionale alle esigenze di produzione (si pensi al ristorante), eventualmente considerando la corresponsione di un equo indennizzo.

Quando però viene accertato che le immissioni di fumo, odore e rumore provenienti dal vicino sono intollerabili, il giudice non potrà effettuare questo giudizio di bilanciamento, bensì dovrà ordinare la cessazione delle immissioni e condannare chi le ha causate al risarcimento del danno (Cassazione civile n.25820 del 2009; n.5844 del 2007, n.939 del 2011 e n.8094 del 2014).

I giudici recentemente hanno condannato anche il condominio a risarcire i danni al condomino lesionato dal rumore. Si tratta in una autoclave installata dal proprietario di un appartamento in una cabina condominiale che è risultata troppo rumorosa.

In particolare i giudici della Cassazione con la sentenza n.20533 del 30 agosto 2017 hanno considerato entrambi tali soggetti responsabili per il rumore intollerabile scaturito dal funzionamento della pompa dell’acqua utilizzata dal condomino per potenziare il proprio impianto idrico.

Nel corso del giudizio si è sostenuto che i giudici non potevano inibire l’utilizzo del locale condominiale ove si trovava l’autoclave, impedendo di collocare eventualmente una pompa meno rumorosa.  Sul punto la Corte ha spiegato che è facoltà del giudice scegliere quale misura porre in essere per eliminare il problema oggetto del giudizio sottoposto alla sua cognizione.

Oltre a tutelarsi in sede civile, il condomino può chiedere aiuto anche al giudice penale che, attraverso il reato di “getto pericoloso di cose”, punisce il trasgressore con l’arresto fino ad un mese o con l’ammenda fino a 206 euro.

Lo prevede l’articolo 674 del codice penale. I giudici, in particolare, con la sentenza n.14467 del 2917 hanno dichiarato che la contravvenzione prevista dall’articolo 674 del codice penale è configurabile anche nel caso di molestie olfattive. Nel caso specifico sono state sufficienti le dichiarazioni chiare, precise e logicamente strutturate rese dalle persone offese sul fatto che, quando gli imputati cucinavano, il loro appartamento si impregnava dell’odore di sugo e fritto, sembrando di avere la loro cucina in casa.

Sempre in sede penale con la sentenza n.38973 del 2017 i giudici hanno ritenuto non sussistere il reato di “disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone” previsto dall’articolo 659 del codice penale” nel caso di una vicina molto rumorosa, che al suo rientro nell’abitazione di notte camminava rumorosamente con i tacchi sul pavimento, teneva la musica ad alto volume e muoveva il mobilio.

La giurisprudenza è univoca nel ritenere configurato il reato contravvenzionale di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone allorquando i rumori, eccedenti la normale tollerabilità, siano virtualmente in grado di infastidire un numero indeterminato di persone.

I rumori non devono quindi arrecare disturbo solo ai vicini, ma devono riguardare una parte ragguardevole dei condomini.

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