LA SUDDIVISIONE DELLE SPESE TRA I CONDOMINI

Abitando in condominio è normale dover far fronte alle spese che riguardano le parti e gli impianti comuni. Non è raro chiedersi chi deve pagare cosa e come devono essere ripartite queste spese tra tutti i condomini, ovvero quali siano i criteri da applicarsi.

In primo luogo l’art.1117 del codice civile, così come riformato dalla Legge n.220/2012, dichiara che sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell’edificio, se non risulta contrario dal titolo – ovvero dal regolamento contrattuale o assembleare all’unanimità – il suolo, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni d’ingresso, i cortili e le facciate. Ancora, ai sensi del secondo e del terzo comma, sono parti comuni, le aree destinate a parcheggio, i locali per la caldaia, la portineria, i sottotetti, gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli impianti idrici e fognari, di distribuzione del gas dell’energia e dell’acqua, i cavi TV e di flusso informatico sino al punto di diramazione delle singole utenze.

Il condomino non può rinunciare al suo diritto sulle parti comuni, così come non può sottrarsi all’obbligo di contribuire alle spese per la conservazione delle parti comuni ai sensi dell’articolo 1118 secondo e terzo comma del codice civile.

Le spese relative alla conservazione, manutenzione ed utilizzazione delle parti comuni si dividono in spese ordinarie e straordinarie, intendendosi per le prime quelle che annualmente si rendono necessarie per la gestione delle cose e dei servizi comuni come la pulizia delle scale, il riscaldamento, il portiere. Le spese straordinarie invece sono quelle relative ad interventi occasionali, come quando si reputa necessario rifare la facciata, sostituire la caldaia o sostituire il tetto.

Il criterio di ripartizione di queste spese deve innanzitutto essere rinvenuto nel regolamento condominiale; non è infatti infrequente che il regolamento contenga delle tabelle specifiche da utilizzare per ripartire il costo delle spese. Se il regolamento tace, si applicherà il criterio legale stabilito dall’articolo 1123 del codice civile il quale al suo primo comma stabilisce il principio generale che le spese vanno ripartite tra i condomini in misura proporzionale al valore che la loro proprietà esclusiva ha rispetto alle parti comuni, espresso in millesimi di proprietà. Ciò significa che ogni appartamento ha un valore diverso rispetto, non solo all’intero edificio, ma anche al suo vicino di piano.

E’ pur vero che non tutte le cose comuni sono destinate a servire i condomini in ugual misura, anche banalmente per la conformazione dello stabile. Può infatti accadere che i condomini beneficino in misura diversa di un determinato bene o che una parte comune sia asservita solo ad alcuni appartamenti. Per questo motivo il legislatore ha sentito la necessità di stabilire criteri diversi di ripartizione di spesa che rispondano ad esigenze equitative e tengano effettivamente conto dell’uso e dell’utilità che i singoli condomini traggono dalla cosa comune.

In particolare il secondo comma dell’articolo 1123 del codice civile afferma che “se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell’uso che ciascuno può farne”. Questa norma ha sollevato non poche difficoltà interpretative. In considerazione di ciò, molti condomini ritengono di non dover contribuire ad alcune spese solo perché non ne fanno uso. Non è questo l’intento della norma: l’uso di cui parla il legislatore non è quello personale o soggettivo, bensì quello potenziale ed astratto, dovuto ad una minore possibilità di uso del bene per ragioni strutturali dello stabile condominiale, indipendentemente dalla volontà del soggetto di utilizzarlo. Un esempio classico è quello del condomino che abita al primo piano e per suoi motivi personali decide di non usare l’ascensore. Questo mancato uso nasce da una scelta personale del condomino, non certo dalla impossibilità strutturale di farne uso.

Il terzo comma dell’art.1123 del codice civile, invece, parla di utilità quando dispone che “qualora un edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una parte dell’intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condomini che ne trae utilità.

Questo è il caso del cosiddetto “condominio parziale” che ritroviamo quando per esempio lo stabile condominiale è suddiviso in più scale: chi abita nella scala A non dovrà partecipare alle spese di manutenzione della scala B e viceversa.

La legge, oltre a questi criteri generali, stabilisce dei criteri di riparto differenti a seconda della tipologia di alcune spese da esaminare separatamente.

Le scale e gli ascensori: ai sensi dell’articolo 1124 del codice civile la relativa spesa è ripartita per metà in ragione dei millesimi di proprietà di ciascun condomino e per l’atra metà in base all’altezza di ciascun piano dal suolo, secondo, quindi, sempre il criterio dell’utilizzo che ciascun condomino ne può fare.

Le solette divisorie: l’articolo 1125 del codice civile afferma che le spese per la manutenzione ed eventuale ricostruzione delle solette divisorie, ovvero le strutture intermedie che dividono in livelli il fabbricato, sono ripartite in misura uguale tra i proprietari dei due piani interessati. Resta poi a carico del proprietario del piano superiore la spesa di rifacimento del pavimento, mentre sono a carico del proprietario del piano di sotto le spese di tinteggiatura del soffitto.

Il lastrico solare: se il lastrico è di proprietà o di uso esclusivo di un condomino, secondo il dettame dell’articolo 1126 del codice civile, la spesa per la riparazione o ricostruzione del lastrico sarà suddiviso in un terzo a carico del condomino che ne ha la proprietà o l’uso esclusivo e per i restanti due terzi a carico dei condomini serviti dal lastrico solare in porzione del valore del piano o della porzione di piano di ciascuno.

Le spese dell’acqua: Le spese per il consumo dell’acqua in condominio, se non è previsto dal regolamento, vanno ripartite in base all’effettivo consumo, se questo è rilevabile con strumentazioni tecniche come, ad esempio, tramite un contatore di sottrazione. Se gli appartamenti non sono dotati di un contatore, allora andrà applicato il criterio stabilito dall’articolo 1123 del codice civile, primo comma, ovvero in base ai valori millesimali delle singole proprietà. Questa è la decisione a cui è giunta la Cassazione con la sentenza n.17557 del 1° agosto 2014 che, ancora una volta, si basa sull’uso potenziale e non su quello personale o soggettivo del condomino come, ad esempio, in base al numero di persone che occupano l’immobile o nel caso di immobile sfitto.

 

 

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