RUMORI IN CONDOMINIO: SONO SUFFICIENTI LE SOLE DICHIARAZIONI TESTIMONIALI

Con la recentissima sentenza della Corte di Cassazione n. 2864 del 12.02.2016, i giudici hanno assegnato ai testimoni un ruolo chiave in tema di risarcimento del danno derivante dalle immissioni rumorose.

Il codice civile in materia di immissioni con l’art.844 stabilisce che “il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti, e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi. Nell’applicare questa norma l’autorità giudiziaria deve contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà. Può tener conto della priorità di un determinato uso”.

Sulla scorta di tale previsione normativa, l’accertamento del limite di tollerabilità viene normalmente riconosciuto all’esito di un attento e scrupoloso accertamento peritale. In particolare, al consulente tecnico il giudice chiede di utilizzare una apposta strumentazione idonea a rilevare se le immissioni rumorose superino la soglia di decibel che rappresenta il limite tollerabile, in considerazione del rumore di fondo.

 Ma è pur vero che, in più riprese, la Corte ha affermato che, in tema di immissioni rumorose, i mezzi di prova per accertare il livello di normale tollerabilità previsto dall’art.844 c.c. non devono essere necessariamente di natura tecnica.

Più precisamente, la Corte di Cassazione con la sentenza n.2166 del 31.01.2006, richiamando una decisione un po’ datata (la n.5695 del 04.12.1978) confermata di recente dalle Sezioni Unite (Cassazione Sezioni Unite n.4848 del 27.02.2013) ha dichiarato che “è ammissibile la prova testimoniale quando la stessa, avendo ad oggetto fatti accaduti sotto la diretta percezione sensoriale dei deponenti, non può ritenersi espressione di giudizi valutativi (come tali vietati ai testi), e ciò tanto più nell’ipotesi in cui – trattandosi di emissioni discontinue e spontanee – le stesse difficilmente sarebbero riproducibili e verificabili su un piano sperimentale” .

E proprio su questo filone, la recentissima sentenza in commento del 2016 ci dice che “nulla vieta, quindi, che l’entità delle immissioni rumorose ed il superamento del limite della normale tollerabilità possa essere oggetto di deposizione testimoniale, anche in relazione agli orari ed alle caratteristiche delle emissioni stesse”, rimandando poi al giudice di valutarne l’attendibilità e la congruità.

Questa sentenza ci dice anche che “quando viene accertata la non tollerabilità delle immissioni, l’esistenza del danno è in re ipsa”. Il risarcimento, quindi, è dovuto, senza necessità di ulteriore prova, ai sensi dell’art.2043 del codice civile sino a quando il pregiudizio derivante dalle immissioni intollerabili non verrà eliminato.

 

 

 

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