Acqua – si possono installare i contatori singoli anche se il regolamento contrattuale lo vieta
In condominio, fatta salva la diversa disciplina convenzionale, la ripartizione delle spese per il consumo dell’acqua – in mancanza di contatori di sottrazione installati in ogni singola unità immobiliare – avviene in base al valore millesimale dell’appartamento, anche se non è affatto remota la richiesta di alcuni condomini di voler addebitare dette spese ai soli occupanti di ogni appartamento (in questo senso, la recentissima sentenza della Corte di Cassazione n.17557 del 01/08/2014).
Sempre la Corte di Cassazione con la sentenza n.10895 del 16/05/2014 ha dichiarato che l’installazione dei contatori di ripartizione del consumo dell’acqua in ogni singola unità immobiliare può essere deliberata dall’assemblea di condominio, anche se la ripartizione del servizio è disciplinata diversamente dal regolamento contrattuale.
Cerchiamo di capire come ha fatto la Corte a pervenire a questa decisione che solo ad un lettore poco attento può sembrare in contrasto con quanto sino ad ora affermato.
Già nel 1994 la legge n.36 recante “disposizioni in materia di risorse idriche” all’art.5 prevedeva che “il risparmio della risorsa idrica è conseguito, in particolare, mediante la progressiva estensione delle seguenti misure…c) installazione di contatori in ogni singola unità abitativa”.
Nel 1996 interviene il D.P.C.M. del 4 marzo, successivamente richiamato dal D.Lgs. 152 del 3 aprile 2006, che impone l’obbligo in ogni singola unità abitativa di installare dei contatori di ripartizione del consumo dell’acqua.
E’ chiaro, quindi, che il legislatore guarda con particolare favore l’installazione di contatori per il consumo dell’acqua in ogni singola unità abitativa (nonché di contatori differenziati per le attività produttive e del settore terziario esercitate nel contesto urbano) in quanto volta a razionalizzare i consumi e ad eliminare gli sprechi e quindi a conseguire, in una prospettiva di tutela ambientale, il risparmio della risorsa idrica. E’ quanto afferma la sentenza n.17557/2014 sopra citata nel decidere in relazione al criterio da applicarsi per la ripartizione delle spese di consumo dell’acqua in condominio ed è il principio a cui si rifà la sentenza n.10859/2014 quando dichiara che rientra nelle attribuzioni dell’assemblea di condominio la gestione delle cose e dei servizi comuni “in modo dinamico”, nel senso, cioè, di un loro adattamento nel tempo al fine di una più razionale ed efficiente utilizzazione dei servizi stessi, con eventuale dismissione anche di alcuni beni comuni, e ciò anche se il servizio è disciplinato dal regolamento di natura contrattuale.
Aggiunge, poi, che le norme riguardanti le modalità d’uso della cosa comune ed, in generale, le modalità d’uso ed il funzionamento dei servizi condominiali hanno natura tipicamente regolamentare ex art.1138 del codice civile e, come tali, demandati all’assemblea dall’art.1135 del codice civile. La natura contrattuale, invece, attiene a quelle norme che incidono nella sfera dei diritti soggettivi e degli obblighi di ciascun condomino.
Alla luce di quanto appena esposto, quindi, l’assemblea può deliberare la dismissione dell’impianto comune a favore della installazione dei contatori di sottrazione in ogni appartamento, anche se il regolamento contrattuale dispone diversamente.
Per quanto riguarda le maggioranze, la mera sostituzione dell’impianto idrico esistente non costituisce una innovazione ai sensi dell’art.1120 del codice civile, ma solo una modifica diretta al miglior godimento e, pertanto – come già enunciato nell’articolo pubblicato il 01/04/2014 – può essere approvata con la maggioranza semplice, ovvero almeno un terzo dei condomini che rappresenti un terzo dei millesimi.